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Ascoli, Apply Comunity del Presidente Alessio Poli vicina al giornalista Assange

L’incarcerazione di Assange è stata considerata una vergogna per la società occidentale. Infatti da
giorni non si parla d’altro che di libertà d’informazione, la stessa a cui mirava Juliane.
Juliane Assange è un giornalista e attivista australiano, ex caporedattore di WikiLeaks. A 24 anni
viene multato per la prima volta per pirateria informatica ma riesce ad evitare serie conseguenze
promettendo di non ripetere più azioni del genere.

Sayonara Tortoreto

Eppure, lo stesso sito WikiLeaks ha come obiettivo quello di diffondere informazioni segrete riguardanti principalmente le violazioni di diritti umani. Dunque capiamo come, Assange sia una persona che riesca a scatenare delle forti reazioni pubbliche, sia dalla parte dei suoi sostenitori, sia da quella dei “nemici politici”. I veri problemi nascono con la pubblicazione del video Collateral Murder che mostra un attacco statunitense del 2007 nei confronti di due giornalisti e altri civili di Baghdad durante la guerra in Iraq.

La persona che ha preso i documenti e li ha consegnati ad Assange, Chelsea Manning, dopo anni trascorsi in un carcere di massima sicurezza è stata liberata e colui che invece ha disseminato le informazioni stesse rischia ora 175 anni di carcere, ciò significa morire lì dentro.

Lo scorso mercoledì 21 Febbraio è stata svolta una “live” organizzata da Alessio Poli, fondatore e
presidente di Apply Community di Ascoli Piceno, con l’obiettivo di diffondere ciò che sta accadendo
ad Assange. A partecipare alla diretta è stato Riccardo Noury, portavoce italiano di Amnesty
International, la famosa organizzazione per la difesa dei diritti umani.

“C’è una profonda ingratitudine verso Assange..” contesa Noury, “Quando nel 2010 ha ricevuto
informazioni di interesse pubblico e le ha messe a disposizione dei grandi media internazionali, è stato
considerato utile poi la situazione è precipitata e si è deciso di non considerarlo più come giornalista
ma come spia.” Qui Riccardo Noury fa notare come si ha una notevole differenza tra chi è spia e chi
come Assange, non divulga informazioni al nemico o a scopo economico ma alla semplice opinione
pubblica che ha il diritto di sapere. “

Se Assange non avesse reso note queste documentazioni su crimini di guerra, non sapremmo nulla..gli va solo detto grazie” Noury ancora contesta il giornalismo stesso poiché crede abbia voltato le spalle ad Assange. Il giornalismo che dice la verità rischierebbe di non esserci più e si cercherebbero delle zone di comfort: spettacoli, moda, gossip. Tutto ciò per sfuggire all’area del giornalismo investigativo. “Assange rischia ora 175 anni di carcere semplicemente perché ha ricoperto un ruolo pubblico. Da un lato si parla di libertà d’informazione e dall’altro di governi che pongono segreti di stato e lui ha scelto da che parte stare”.

Sarebbe infatti grottesco e paradossale vedere come coloro che hanno commesso crimini di guerra non
vengano mandati a processo ma il giornalista che li ha denunciati e diffusi si. Assange ha svolto un
servizio investigativo e l’estradizione non dovrebbe essere concessa. All’ultima domanda posta da
Alessio Poli “Dov’è l’impegno di Amnesty Italia sia sul caso Assange sia su tutto ciò che sta
accadendo riguardo i diritti umani che più ci toccano?” Noury risponde “Non si riesce a stare al passo,
è questa la verità. Si fa quello che si può e si cerca di fare bene quello che si sa fare meglio. Le
organizzazioni per i diritti umani mandano avanti campagne e comunicazioni con l’idea che il potere
non ti regala mai nulla.”

La liberazione di Assange renderebbe liberi tutti i giornalisti, soprattutto i coraggiosi.

Chiara Tarli

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