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Ascoli, Museo Diocesano: Inaugurata la mostra ‘Frammenti di Maternità’

Nell’ambito della Mostra Promossa dalla Conferenza Episcopale Marchigiana in collaborazione con la Regione Marche Immagini di Maternita’. La Bellezza Della Vita Che Nasce (14 Luglio – 30 Novembre) che è frutto della collaborazione tra le Diocesi Marchigiane, questo progetto celebra la ricchezza del nostro patrimonio artistico sacro. Partecipano 13 musei diocesani, ognuno ospitando alcune opere iconica dedicata alla Madonna, da scoprire lungo un itinerario che attraversa tutta la nostra terra: un vero e proprio Pellegrinaggio Giubilare alla ricerca della “Bellezza della vita che nasce”.

Sayonara Tortoreto

Il Museo Diocesano di Ascoli Piceno ha declinato il tema della Mostra giubilare riflettendo come il  concetto di maternità nel mondo contemporaneo abbia smarrito la centralità esistenziale e sociologica che aveva sino alla prima metà del secolo scorso. Nella società attuale il concetto di maternità è relegato in uno spazio frammentario, ritagliato in contesti delimitati dalle molte esigenze, scadenze, impegni che la quotidianità impone in un divenire fluido dove l’individuo non può o non vuole misurarsi con l’impegno genitoriale.

Una Maternità dunque “in frammenti”.

Eppure questi frammenti, se presentati e proposti al mondo d’oggi, mantengono la bellezza, la profondità e il respiro di un progetto più vasto che tuttora fa capire come la scelta esistenziale della maternità dischiude orizzonti nuovi e inaspettati.

Così abbiamo voluto presentare opere “frammentarie”, smembrate e sezionate nel corso dei secoli, che hanno perso per questi eventi la loro antica e nobile unitarietà, ma che tuttora, in questa spoliazione di significato, ancora rilanciano il loro messaggio assoluto di legittimità nel porsi come esempio paradigmatico di un divenire che appartiene all’umanità.

Quindi opere frammentarie custodite nel Museo Diocesano di Ascoli Piceno che rispecchiano, nel presentare una maternità mutilata, il valore assoluto del messaggio divino.

La mostra si può visitare dal martedì alla domenica dalle10.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 18.30.

Il tema è sviluppato attraverso tre opere del Museo Diocesano che sono fra le più significative fra quelle realizzate fra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo.

Per prima l’opera che rappresenta il Museo per la sua bellezza e importanza culturale: la tempera su tavola di Carlo Crivelli (Venezia, 1430 ca. – 1494 ca.) raffigurante la Madonna in Trono col Bambino, databile fra il 1473 e il 1474. La tavola è quanto rimane di un polittico di cui forse costituiva il pannello centrale e proviene dalla chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista a Poggio di Bretta. La tavola presenta la contemplazione orante della Vergine sul del Figlio secondo uno schema compositivo già ampiamente sperimentato nella cultura veneta e veneziana che sintetizza la prefigurazione della morte con la sofferta, ma consapevole accettazione della Madre nella certezza della Resurrezione finale. A ciò alludono i frutti della mela, come riscatto dal peccato originale, e delle pesche come simbolo trinitario di immortalità.

La seconda opera è ancora una tempera su tavola del grande Pietro Alemanno  (Göttweig, 1430/1440 – Ascoli Piceno, 1498), la Madonna col Bambino in trono fra San Giuliano, San Sebastiano, databile all’ultimo decennio del sec. XV.

Posto in origine sull’altare maggiore della Chiesa di San Giuliano alle falde del monte Pelasgo e fin da tempi antichi era stata privata delle tavole adiacenti probabilmente per l’umidità presente nella chiesa. Nonostante la perdita di gran parte della tavola, è possibile riconoscere i santi posti ai lati della Vergine i quali, contrariamente alle impostazioni solite dell’Alemanno, che prevedevano le figure dei santi laterali dipinte su singole tavole, sono posti in uno spazio unitario con la Madonna in trono secondo la tendenza più aggiornata delle “Sacre Conversazioni”. La Madonna in trono rimanda alla simbologia della Vergine come Ianua coeli, principio di ogni cosa, e i frutti della mela e delle pesche, di ascendenza crivellesca, sottolineano il valore della Redenzione dal peccato originale e dell’Immortatlità.

L’ultima opera non è una pittura, ma una terracotta modellata e dipinta da Saturnino Gatti (San Vittorino, L’Aquila 1463 – L’Aquila, 1518), che raffigura la Pieta’, realizzata nel 1518. Il gruppo plastico, a lungo dimenticato in un ripostiglio, è stato riportato in luce nel giugno 2006 in nove parti maggiori e numerosi frammenti in uno stato di conservazione fortemente deteriorato, con notevoli lacune anatomiche e consistenti ridipinture e rifacimenti nella cromia come incongrui risarcimenti in gesso della parte plastica. Lo stato frammentario dell’opera, ricomposta dopo un attento restauro, accentua la drammaticità della morte del Figlio e ci consegna un sentitento universale del dolore materno riscattato alla luce della Redenzione operata dalla Passione di Cristo.

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