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Oltre ottomila firme contro il declassamento di protezione del lupo da specie ‘rigorosamente protetta’ a ‘protetta’: un processo politico destituito di solida base scientifica

Un gruppo di studiosi e cittadini, facenti riferimento alla pagina Facebook “Il lupo, figlio di un Dio minore”, forti della petizione “Dalla parte del lupo”, che in soli sette giorni dal lancio su Change.org ha raccolto oltre 8.100 sottoscrizioni, ha scritto e recapitato, in data 6 maggio, una lunga lettera al Presidente del Consiglio dei Ministri On. N.D: Giorgia Meloni, e a ciascuno dei 76 Europarlamentari italiani che siedono sui banchi di Strasburgo.

Sayonara Tortoreto

La lettera è volta a confutare, attraverso autorevoli studi scientifici di respiro internazionale, le ragioni addotte al fine di procedere al declassamento dello status di protezione, mettendo in guardia i rappresentanti istituzionali dai gravissimi rischi cui tale processo potrebbe esporre l’intero Ecosistema ed anche la stessa piccola pastorizia, e chiedendo pertanto loro di non apporre la firma dell’Italia su quella che si configura come una pagina nera della tutela ambientale europea.

Nelle settimane scorse, 700 tra i più autorevoli scienziati al Mondo, provenienti dai più prestigiosi Atenei e Centri di Ricerca, avevano richiamato l’attenzione dei Governi dell’Unione e della Commissione Europea sulla totale inconsistenza delle motivazioni scientifiche alla base del processo di revisione dell’allegato IV della Direttiva Habitat, che vede il downlisting della specie lupo.

La base scientifica unica della Commissione Europea, sulla scorta della quale è stato chiesto il declassamento (cd Rapporto Blanco-Sundseth del 2023), è ora oggetto di contestazione da parte di una revisione scientifica indipendente (Fisher-Randi, 2025), che ne evidenzia le molteplici criticità, ritenendola del tutto inidonea a supportare una decisione di tale rilevanza ambientale.

Contestualmente, risultano pendenti un ricorso giudiziario presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea e un reclamo presso il Mediatore europeo.

Il tasso di predazione del lupo sull’intero patrimonio zootecnico europeo ammonta allo 0,065% annuo, una percentuale di fatto irrisoria. Anche in aree ad alta densità di attività zootecnica, la dieta del lupo resta composta per il 92% da prede elettive selvatiche (ungulati e nutrie, in definitiva), e per l’8% da animali domestici (spesso, purtroppo, protetti in modo inadeguato).

Un recente studio di Life WolfAlps dimostra che, adottando corrette e puntuali pratiche agro-pastorali e di protezione, le predazioni in alcune realtà sono state ridotte del 96%, di fatto azzerate.

Il lupo apporta in termini ambientali 63 volte maggiori rispetto ai danni da predazione su animali domestici, soprattutto, ma non solo, in merito al controllo numerico e dello stato di salute della popolazione di ungulati (cinghiali in primis), nonché nella riduzione degli incidenti stradali e conseguente risparmio di vite umane.

Circa la presunta pericolosità per l’incolumità pubblica in contesti socio-culturali come quello italiano ed europeo, al netto di pochi e statisticamente irrilevanti casi di attacco versus essere umano da parte di esemplari con dinamiche comportamentali del tutto alterate e abnormemente anomale (spesso venutasi a determinare proprio a causa di errori umani nell’approccio alla fauna selvatica), la probabilità di subire un attacco da parte di un lupo è talmente bassa da non poter essere espressa in un numero statisticamente valido (Linnell et al., 2021).

I grandi carnivori, infatti, possono mostrare risposte fisiologiche e comportamentali di antipredazione agli esseri umani (Ordiz et al., 2011; Støen et al., 2015). Si tratta di un comportamento adattivo e non acquisito, tanto che è presente anche in popolazioni di lupi che non sono mai state sottoposte a pressione venatoria da parte dell’uomo (Isle Royale ed altre).

Sparare a dei lupi non servirebbe ad aumentare il loro timore verso l’uomo, oltretutto in Italia, ogni anno, circa 800-1.000 lupi restano vittime di vile bracconaggio o muoiono per cause antropiche dirette e/o indirette: di fatto, la “caccia” al lupo non è mai terminata.

In ultimo, giova ricordare che, anche laddove il processo di declassamento in corso si concludesse positivamente, ciò non porterebbe mai in Italia, né altrove, ad attività venatoria sulla specie lupo, il cui eventuale prelievo di esemplari in numero molto limitato resterebbe attività straordinaria delegata ad Enti Istituzionali preposti e formati

e sottoposta a rigidi e stringenti parametri e processi autorizzativi. L’uccisione di un esemplare di lupo resta, pertanto, un reato penalmente perseguibile, che comporta la reclusione e sanzioni pecuniarie a quattro zeri.

Scevri da qualsiasi ideologia oscurantista, mossa da un livore ingiustificato, e da una rinnovata veemente violenza verso un animale che da millenni viene perseguitato in ragione dell’unica “colpa  di cercare di sopravvivere, ed altrettanto liberi da infantili visioni di disneyana ispirazione, nè per i lupi né per gli uomini, ma con i lupi e con gli uomini a tutela del futuro del Pianeta.

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